Dalla minaccia ai fatti
Come già minacciato in un post precedente, ecco un testo tratto dalle "impressioni" di qualche anno fa, intitolate Corridoi - 17. Il primo. Sono parole usate per il solo gusto dell'intervallo e del ritmo che si crea dal loro accostamento, delle porte verso mondi fatti di immagini e impressioni, odori, suoni, tutti costretti in uno spazio sempre uguale ma diverso. Non è altro che un vecchio divertissement, ma spero che nel suo apparente manierismo riesca comunque a comunicare a chi lo legge la visione di un altro mondo, fatto di parole e immaginazione, o anche solo una fugace senzazione. Quello che avrei voluto è farli illustrare, per vedere cosa veniva fuori...
Nel corridoio dell’ambulatorio le grandi finestre dall’intelaiatura rossa erano spalancate. Quel che si vedeva fuori non poteva certo definirsi un paesaggio suggestivo, e forse neanche un paesaggio: un vasto spazio terroso per metà cementato, reso angusto dall’ammasso scomposto di macchinari accumulati e mucchi di laterizie sparsi senza criterio, tra i quali cercavano di spuntare improbabili ciuffi d’erba, si infrangeva contro il gigantesco pilone che sorreggeva la Città Alta. In fondo, accanto ad un basso edificio dalle pareti slabbrate, giaceva la sagoma del bruciatore, le cui ciminiere si stagliavano come la freccia di una moderna cattedrale contro l’oscurità che circondava l’edificio.
Le sedie in ferro dell’aula di attesa erano piuttosto scomode, ma almeno non scricchiolavano come le vecchie panche di legno di certe chiese in periferia. Certo non se ne vedevano più molte in giro, di quelle panche. E nemmeno di chiese, per la verità: la gente aveva perso il bisogno di riunirsi in quei luoghi per sentirsi meno debole. I nuovi santuari erano altri, e davano a chi vi entrava la consapevolezza e l’illusione di una vita in cui affermare la certezza del proprio essere, di una esistenza condivisa con il resto dei propri simili attraverso l’atto rituale del consumo costante e ripetuto di beni comuni. Tutto era in vendita. Non c’era niente che non potesse essere comprato. La serenità spirituale si compiva naturalmente attraverso la soddisfazione materiale del bisogno, della necessità di rispondere alla chiamata dei nuovi Messia. Ancora una volta, per esorcizzare i loro spettri gli uomini erano diventati messia dei propri bisogni. E la città intera era il loro nuovo Santuario.
« Comme le figuier desséché au bord de la route, le Christ lui-meme semble déja mort.
Quant à nous, il nous faut reposer, fut-ce devant un décor de théatre »
(Akutagawa, Kappa)
4 Comments:
Bella Ste come stai?? Io tutto a posto.
Tu che mi racconti di nuovo?
Ti saluto.
Stefano, niente niente che dopo che ti si è bloccata la scheda del cellulare hai cambiato numero? E che io ultimamente ho mandato messaggi al vuoto?
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
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