sabato, gennaio 20, 2007

Dalla minaccia ai fatti


Come già minacciato in un post precedente, ecco un testo tratto dalle "impressioni" di qualche anno fa, intitolate Corridoi - 17. Il primo. Sono parole usate per il solo gusto dell'intervallo e del ritmo che si crea dal loro accostamento, delle porte verso mondi fatti di immagini e impressioni, odori, suoni, tutti costretti in uno spazio sempre uguale ma diverso. Non è altro che un vecchio divertissement, ma spero che nel suo apparente manierismo riesca comunque a comunicare a chi lo legge la visione di un altro mondo, fatto di parole e immaginazione, o anche solo una fugace senzazione. Quello che avrei voluto è farli illustrare, per vedere cosa veniva fuori...

Nel corridoio dell’ambulatorio le grandi finestre dall’intelaiatura rossa erano spalancate.
Quel che si vedeva fuori non poteva certo definirsi un paesaggio suggestivo, e forse neanche un paesaggio: un vasto spazio terroso per metà cementato, reso angusto dall’ammasso scomposto di macchinari accumulati e mucchi di laterizie sparsi senza criterio, tra i quali cercavano di spuntare improbabili ciuffi d’erba, si infrangeva contro il gigantesco pilone che sorreggeva la Città Alta. In fondo, accanto ad un basso edificio dalle pareti slabbrate, giaceva la sagoma del bruciatore, le cui ciminiere si stagliavano come la freccia di una moderna cattedrale contro l’oscurità che circondava l’edificio.
Le sedie in ferro dell’aula di attesa erano piuttosto scomode, ma almeno non scricchiolavano come le vecchie panche di legno di certe chiese in periferia. Certo non se ne vedevano più molte in giro, di quelle panche. E nemmeno di chiese, per la verità: la gente aveva perso il bisogno di riunirsi in quei luoghi per sentirsi meno debole. I nuovi santuari erano altri, e davano a chi vi entrava la consapevolezza e l’illusione di una vita in cui affermare la certezza del proprio essere, di una esistenza condivisa con il resto dei propri simili attraverso l’atto rituale del consumo costante e ripetuto di beni comuni. Tutto era in vendita. Non c’era niente che non potesse essere comprato. La serenità spirituale si compiva naturalmente attraverso la soddisfazione materiale del bisogno, della necessità di rispondere alla chiamata dei nuovi Messia. Ancora una volta, per esorcizzare i loro spettri gli uomini erano diventati messia dei propri bisogni. E la città intera era il loro nuovo Santuario.

« Comme le figuier desséché au bord de la route, le Christ lui-meme semble déja mort.

Quant à nous, il nous faut reposer, fut-ce devant un décor de théatre »

(Akutagawa, Kappa)

domenica, gennaio 14, 2007

Cose Oltre (che non tutti sanno)


Più passa il tempo e più conosci. Più conosci e più ti accorgi che ci sono cose che sfidano la logica umana, trascendendone la razionale categorizzazione. In questa categoria di "cose oltre"ci sono sono i grandi accidenti della natura, le immani opere di civiltà passate e scomparse per sempre, le leggi assolute dell'universo infinito... e c'è la batteria di Terry Bozzio. Dall'ultima volta che la vidi è diventata ancora più imponente e scoraggiante. Ormai non si contano più i pedali, i fusti dei tamburi sono almeno raddoppiati, così come le casse, sospese, a terra, capovolte, inclinate... e se prima i piatti messi a terra per poi essere montati sulle meccaniche occupavano tutta metà sotto al palco della sala del Classico (erano una quarantina), ora non basterebbe il parcheggio di casa mia per contenerli tutti.

Quello che non tutti sanno (e qui mi ricollego al sadico giochino cui il buon Manlione mi ha
generosamente invitato) è che quella batteria, nell'unica data romana che l'immenso Bozzio abbia mai fatto, su invito del mio maestro Maurizio Boco, ho avuto l'onore di poterla trasportare insieme al mio compagno di corso in batteria Hard'n'Heavy. E una è andata.
In principio dovevamo solo portare le casse del set dalle aule dell'UM al locale in cui si sarebbe dovuta tenere la clinic, ma quel che non tutti sanno (e due) è che tanto facemmo e tanto pregammo che il tecnico dell'indescrivibile Bozzio, Wayne Wilburn se non erro, ci permise di aiutarlo a montare la batteria on stage.
Non solo ci permise di montarla (ci vollero due ore anziché una, come ci disse, perché lo subissavamo di domande di ogni genere), ma dopo - cosa
che non tutti sanno - potemmo per un brevissimo momento addirittura suonarla, seduti sullo stesso seggiolino su cui l'inverosimile Bozzio avrebbe poco dopo poggiato le chiappe durante la dimostrazione. E tre.
Altra cosa che non tutti sanno è che alla fine della performance, l'inenarrabile Bozzio regalò a me e al mio compagno di corso le due bacchette che aveva usato quel giorno, per ringraziarci di aver dato una mano nel trasporto e nel montaggio del suo strumento. L'intera UM rosicò.
E quattro.

Per finire - e siamo a cinque - una cosa che nessuno sa, né il mio maestro, né il buon Wayne Wilburn, né tantomeno l'ignaro Bozzio... Un segreto che fino ad oggi abbiamo custodito solo in due, io e Pietro (il mio compagno di corso)... Mentre spacchettavamo le custodie del set, nella sala del Classico, non resistemmo alla tentazione di aprire i flight case e, colti da un raptus preistorico-fagocitativo, abbiamo LECCATO I PIATTI DI BOZZIO!!!!


ed ecco le temute nominazioni...
1. Serpe verdeeeeeeee
2. Elenaaaaaaa
3. Pongiooooooooooo
4. Guuuuuuuuuuuuuddddddd
5. Andres e Micaaaaaaaaaaaaaaaaaa

domenica, gennaio 07, 2007

Di treni, tavole e snocciolaolive



Il treno è partito. E piuttosto bene devo dire.
Con tutto il carbone che abbiamo infornato nella caldaia credo che non avremo problemi a farlo correre a perdifiato fino al capolinea. Ogni tanto posterò qui le tappe del nostro frenetico percorso. E siccome non sono un superstizioso comincio proprio dalla primissima tavola, messa in cantiere da poche ore. E' un segno beneaugurante, un viatico per toccare lidi più fortunati di quelli a cui eravamo approdati negli ultimi tempi.
Per questa nuova speranza devo ringraziare Elena, che mi toglie le castagne dal fuoco con i suoi strepitosi layout, Simona, che disegnerà a ritmi da lavori forzati per la buona riuscita dell'albo, e i Magnifici Due, che hanno accettato la folle proposta di colorare tutte le tavole con dei tempi onestamente... improponibili!

Detto questo, vado a montare il nuovo mobile pensile in cucina, con stoica abnegazione. Finalmente la farina, lo zucchero, il cestino per il pane e lo snocciolaolive troveranno la loro degna collocazione come alfieri del buon vivere in questa casa rossa.

giovedì, gennaio 04, 2007

"Cazzi quella gomena!"


Il disastro è accaduto. Mi sento come un capitano di lungo corso alle prime armi che si ritrova nel bel mezzo di una tempesta, senza più bussole né sestanti ad indicargli la via da seguire per evitare marosi e scogli taglienti come le fauci di Cariddi. Dritto davanti alla nave c'è il mostro di ghiaccio, che aspetta terribile e silenzioso, evocato come una visione dal fondo dell'Inferno. E l'adrenalina ti fa sentire vivo solo quando hai la testa sotto l'onda. Guardando il filo del rasoio da vicino pensi che non ti eri mai accorto di quanto fosse perfetto e attraente, e hai già la certezza che ti taglierà.
Per fortuna che accanto a me ci sono degli angeli custodi che mi guidano lungo una rotta sicura in questo mare burrascoso, verso una meta lontana e difficile da raggiungere. Alcuni di questi angeli prestano i loro colori alla mia visione, alcuni ne delineano i contorni fumosi, altri fanno una
scommessa. Altri ancora, che si dilettano in antiche scienze arcane, mangiano arancine a sbafo nella terra dei fichi d'India (ma se sono d'India allora che terra è?!)...

Ma, costi quel che costi, Sol Mirror 2 deve uscire a marzo, e a marzo uscirà!! Speriamo che sia marzo del 2007...

Corridoi – 17

Voilà. Scusate la lunga assenza telematica. Sono un poltrone, lo ammetto. Lazzi e bagordi hanno intorpidito le agili redini della mente, e la voglia di poggiare le dita sulla tastiera è venuta meno per un ragionevole lasso di tempo. E' tardi, oggi la giornata è stata davvero prostrante ma non demordo.

Telefono... casa...

E intanto ho deciso di postare un pò di vecchio materiale che si era accumulato negli archivi del mostro di silicio. Esercizi di stile, masturbazioni scrittorie autocompiacenti e via dicendo. Comincerò da una breve raccolta di testi e impressioni che avevo surrettiziamente intitolato Corridoi - 17, dietro cui c'era una logica. C'era, ne sono certo. Ma ora davvero è tardi, e nemmeno serve starla a raccontare. Li pubblicherò uno ad uno. E' vecchio. Ve l'ho detto, no?

"Le immagini si susseguivano come in una danza sfrenata di fate e farfalle multicolori nella mente intorpidita di N. L’odore pieno di nostalgia degli eucalipti, misto a quello denso e bruciante del catrame appena posato assediava i suoi sensi, lo costringeva a ricordare ancora frammenti di sensazioni annidiate nella memoria; un passato rimasto così a lungo nascosto, dimenticato, che non sembrava neppure appartenergli. Nella stanza, sotto lo sguardo compiaciuto di una dama morbidamente avvolta in una mantella di elegante broccato scuro, N. sognava. Dalla cornice la dama, impassibile, vegliava sul suo sogno ad occhi aperti.

“Dunque è qui che finisce…”

Sul muro, appeso ad un lungo chiodo a forma di gancio, l’orologio avrebbe continuato a scandire il tempo col monotono rincorrersi delle lancette, se non fosse stato che il tempo, in quel luogo lontano da tutto, non aveva ormai altro valore che quello dell’attesa, che definiva senza alcuna emozione.

L’orologio dunque, scandiva l’attesa. E il mondo intorno ad N. aspettava, col fiato sospeso in un ultimo, silenzioso respiro".

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“Beh, tutto sommato, e considerando l’accaduto, direi che te la sei cavata piuttosto a buon mercato…”

“…”

“Andiamo, è solo un ginocchio, non è certo la fine del mondo!”

“...”