martedì, aprile 03, 2007

Giappone day 3: electronic town


Come previsto, oggi sono andato ad Akihabara.
Come previsto, mi sono perso nelle strade della "città elettronica".
Come previsto, non sono riuscito a decidermi sul modello di fotocamera da acquistare, per l'indescrivibile quantità di offerta presente al metro quadro.

Akihabara è un posto che si trova al confine tra l'incubo e il sogno, un delirio elettronico che si riversa non solo sui banchi e nelle vetrine dei negozianti, arroccati dietro tonnellate di aggeggi più o meno seri e ninnoli circuitati di ogni genere, ma anche sulle facciate dei palazzi, sui ponteggi dei lavori in corso, su ogni angolo sfruttabile e puntualmente sfruttato per inserire una frenetica insegna luminosa. In questo universo colorato e caotico si aggirano effimere figure di ragazzine vestite con improbabili vestiti da cameriera inglese di fine '800, e strani personaggi usciti dritti dritti da un Cosplay Contest. E al mondo frenetico e luminoso di consumo assoluto delle strade principali, si contrappone quello meticoloso e maniacale delle gallerie anguste che si intrecciano alle loro spalle, in cui i voyeur di tutta Tokyo vanno a reperire il materiale necessario al loro hobby. Psicante. Allucinifero. Bellissimo.

Alla fine della giornata, se non avevi ben chiaro cosa sei andato a cercare li, hai due possibili sbocchi fatali. Il primo è: amnesia da stato confusionale, totale incapacità di orientarsi coerentemente verso un obiettivo geografico definito, un mal di testa formato Gamera e la promessa di tornare di nuovo nei giorni successivi ("Akihabara, hai vinto una battaglia, ma non la guerra!..."). L'altro: uno o più sintomi combinati della sindrome dell'acquisto incontrollato, a scelta tra euforia videoludica, ebetudine elettronica integrata, pupille dilatate da crisi mistico-spirituale (accompagnata solitamente da conversione improvvisa al Dio Gachapon) e logorrea sintetico-emotiva (questa in genere deriva dal primo sintomo); buste piene dei più diversi e ultimissimi videogames, manga, fototeledigimaccanocamere, schermi ultrapiatti e ogni sorta di componentistica elettronica; portafogli svuotato fino all'ultimo yen; un mal di testa formato Gamera e la promessa di tornare di nuovo nei giorni succesivi ("Akihabara, hai preso tutti i miei soldi, ma forse riesco a racimolarne ancora!..."). Fortunatamente (o sfortunatamente, a seconda dei punti di vista, tra cui il mio) faccio parte della prima categoria di malati mentali e avevo inoltre una serie di vaccino preventivo, sapendo già cosa mi aspettava per esserci venuto altre volte.

Nel mio cervello gira però un'idea, niente più che un rimasuglio di informazione recuperata dal cestino virtuale della Ragione dal mio Inconscio. Playstation 3, seconda mano, 42.000 yen...

Giappone day 2: contra maleficorum malaesianensis aerea omnia


Dormire, regolare orologio, dormire. Dormire... Maledetto jet lag...
E alle tre di notte ancora in piedi a scrivere un post contra maleficorum malaesianensis aerea omnia.

La mia prima giornata vera in Sol Levante non è certo stata all'insegna dell'arzillitudine (o arzillezza?). Arzillaggine diciamo. Tutto il giorno buttato come uno straccio a dormire sul futon, qualche lieve e innocuo tentativo di ripresa di coscienza miseramente votato fin dall'inizio al fallimento assoluto, e la sensazione costante di trovarsi su una gigantesca nave in balia dell'oceano (che questi giramenti di testa siano dovuti all'imminente arrivo del Big One?...).

Fortunatamente qui esistono i convenience store (megli noti come "combini"), aperti 24h/24h e pieni di cose buone da mangiare. E manga. Sono vivo grazie a uno di essi, situato qui vicino e che ho 'impressione mi darà di che sfamarmi per un bel pò di tempo... Non vi parlo poi del Mangakissa, è un'esperienza troppo articolata e virtuosa per essere descritta così, ex-abrupto. Valentina sa di cosa parlo. Ancora una volta, il Paradiso. Diverso da quello POLINESIANO, ma pur sempre il Paradiso, che si manifesta in molteplici maniere (le vie del signore sono infinite dicono), la cui trasumananza non si porìa per verba. Piano piano proverò a introdurre il concetto di chilometri di scaffali pieni di manga, bevande a sbafo, salette private con internet e playstation, lettore dvd e divano per pennica e sbracamento...

E domani, Akihabara!

domenica, aprile 01, 2007

Giappone day 1 (facciamo che vale 2): cominciamo bene!


Alé!
Finalmente sono in terra japonica. Quei maledetti malesiani ce l'hanno messa tutta per impedirmi di partire. Il volo da Roma aveva 10 ore di ritardo (10 perdio! facevano prima a cancellarlo quei fedifraghi) e allora ci hanno fatto accomodare all'Hilton Hotel dell'aeroporto, dove ci è stato servito il pranzo. Era a buffet. A BUFFET!!!! Credo di avere severamente inciso sul bilancio mensile del reparto ristorante dell'albergo di Paris...

Forte di due taglie in più sul mio personalissimo girovita, mi reco alla stanza, per scoprire di essere uno dei due fortunati a cui è stata assegnata una suite (in mancanza d'altro, facciamo quel che si può). Ho usato tutti gli asciugamani, che erano inspiegabilmente numerosi (8), e dopo la doccia ho persino provato l'ebrezza di impiastricciarmi con una schifosissima body lotion - come la chiama Derek. Poi mi sono messo GLI accappatoi, prima uno per finire bene di asciugarmi, e dopo l'altro, che era bello asciutto. Sciala, sciala!... Mi sono seduto su ogni poltrona e divano della stanza, rimpiangendo di non aver portato con me l'eterno tagliente compagno di viaggi svizzero... e dopo aver usufruito del servizio bar, internet e tv mi sono spetasciato sul letto a dodici piazze, mandando all'aria lenzuola e piumini vari. Come tornare bambini in un albergo di lusso. E provare l'insostenibile leggerezza dell'essere, ovvero girarsi i pollici per mezz'ora prima di cadere in un sonno catatonico.

Comunque... alle 23 via, si parte! Dodici ore
dopo, arrivati a Kuala Lumpur, ecco che ricomincia il calvario: ritardo all'arrivo, quindi salta la coicidenza per Narita, quindi altro delay, altro albergo! Per chi non lo sapesse, Kuala Lumpur si trova in Malesia, all'estremità meridionale di quella che molti giocatori di Risiko conoscono come penisola del Siam. E' un posto immerso nella giungla, nonostante la tecnologia e l'occidentalizzazione siano arrivate anche qui a spazzar via tradizioni e impressioni di altri mondi. Sempre per chi non lo sapesse, la Malesia è a due passi dalla POLINESIA. Anche qui l'alberghetto era discreto, e visto che aveva una Jacuzzi in camera ne ho approfittato per riprendermi dalla stanchezza di dodici ore di viaggio servito e riverito. Fuori dalla mia camera, dalla finestra esagonale, la giungla misteriosa avvolgeva il sole che tramontava in un abbraccio antico e primordiale... Insomma, il paradiso. E ho anche rischiato di rimanerci, in quel paradiso: fate sempre molta attenzione quando regolate i vostri orologi secondo l'ora locale nei passaggi di fuso orario, potreste mancare il vostro volo di un'ora, in totale buona fede... e rimanere a due passi dalla POLINESIA...

Alla fine, eccomi giunto alla meta! Solo 34 ore di viaggio... Avrei fatto prima ad andare con la nave di Fosco Maraini. All'epoca sì, che sapevano viaggiare!